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Un grande giornalista, travolto da una malattia importante, guarda indietro alla sua vita e ne ripercorre le tappe insieme all’amico musicista. Nel suo ultimo libro, la penna sublime e ironica di Curzio Maltese ci conduce in una cavalcata attraverso gli ultimi sessant’anni del nostro Paese, con lo stile unico che moltissimi lettori hanno imparato a conoscere e amare, cercando i suoi editoriali come una bussola preziosa per orientarsi nella magmatica vita politica italiana e non solo.<br> E così scorrono i ricordi di decenni di una vita incredibile, travagliata e spassosa, di cui è stato illuminato testimone grazie al suo mestiere di giornalista. A partire dalla Roma allo stadio con un padre mancato troppo presto e convinto socialista, un viaggio in Calabria con la 500, il macinino che era “la Nina, la Pinta e la Santa Maria” di un’intera generazione; e poi la fine dell’innocenza, il 12 dicembre 1969, con la bomba che scoppia a piazza Fontana. Come è stato essere bambino nell’Italia del boom, un Paese ancora ingenuo, rivolto al futuro, dove “persino i poveri potevano essere felici”. Il sabato alla Rinascente, con la mamma commessa, nel profumo di Mariangela Melato, i foulard di Carla Fracci, le vetrine di Giorgio Armani. La lotta di classe al parco Lambro, il liceo negli anni di piombo. E le fragorose risate degli anni ’70, con Beppe Viola, Dario Fo, i comici del Derby: “ridevamo come pazzi e poi con un pensoso e penoso senso di colpa passavamo alle cose serie, la politica, il giornalismo, le culture ufficiali. Pensa che scemi.”<br><br> Read more
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