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Un uomo, creduto e poi fintosi morto, quando “risuscita” s’accorge che non può essere riammesso nella società, nella famiglia, perché per la società, per la famiglia egli è morto davvero. Quale prova più scintillante del sentimento del contrario? Disonestà e purezza, vita-morte nel grande caleidoscopio della certezza sociale, che bolla come sicuro quello che non esiste e come inesistente quello che vive. E dentro una tessitura umoristica, elementi riflessivi e irrazionali sconvolgono quella quarta parete, che nel teatro come nel romanzo dovrebbe essere protezione d’impersonalità, come se l’autore stesso e il pubblico non esistessero.<br> Il significato che Il fu Mattia Pascal assume nello sviluppo dell’opera pirandelliana è ben lontano dall’essere riconosciuto ancor oggi pienamente, pur trattandosi di un’opera che ebbe grande fortuna. E, incredibilmente, pur nascendo come romanzo (e che romanzo!), è uno dei titoli teatrali pirandelliani di maggior successo, se non quello di maggior “chiamata”. È una “farsa trascendentale” retta sull’assurdo. «Il malinconico essere moderno, dall’occhio strabico, l’osservatore della vita, volta a volta cinico, amaro, melanconico, sentimentale» (Antonio Gramsci). Mattia dice di sé “ero inetto a tutto”, mirabile esemplare italiano di questa generazione d’inetti, di uomini senza qualità, come Zeno Cosini di Italo Svevo.<br><br> di<br> Luigi Pirandello<br> libero adattamento<br> Marco Tullio Giordana, Geppy Gleijeses<br><br> scenografia e luci<br> Gianni Carluccio<br> costumi<br> Chiara Donato<br> musiche<br> Andrea Rocca<br> aiuto regia<br> Luca Bargagna<br><br> regia<br> Marco Tullio Giordana<br><br> con<br> Geppy Gleijeses<br><br> Read more
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